Il sostegno c’è

Maestra Maria,  insegnante di sostegno nella nostra Scuola dell’Infanzia, ci racconta la sua esperienza sulla didattica a distanza:

“Alunni disabili: il sostegno che c’è”.

Riprendo con piacere il recente e significativo titolo di un articolo apparso sul quotidiano nazionale “Avvenire” per parlarvi di come la didattica a distanza sia attuabile anche con gli alunni con Bisogni Educativi Speciali nella Scuola dell’Infanzia.

E’ evidente che la didattica a distanza, per i nostri alunni così piccoli perda parte della sua efficacia rispetto alla didattica in presenza.  L’assenza dei compagni di sezione, dei pari con cui confrontarsi e da cui apprendere ma anche degli adulti di riferimento determina l’inevitabile interruzione nel processo di inclusione.

Le domande che mi sono posta dal primo momento in cui è stata sospesa l’attività didattica in presenza sono state:

Come promuovere inclusione anche a distanza?

Come portare avanti il progetto di vita inserito nel PEI?

Il PEI, ovvero il piano educativo individualizzato, è il documento fondamentale che contiene obiettivi, strategie didattiche  e azioni  educativi pensati su misura per l’alunno. È doveroso e  imprenscindibile che anche in questo periodo si tenga conto di questo documento che,  non dimentichiamo, mette in rilievo i punti di forza dell’alunno, le capacità personali e le abilità che manifesta nelle sue diverse dimensioni,  e che è stato redatto dal team docenti in collaborazione con tutte le figure che fanno parte della sua vita, famiglia, terapisti.

In questo attuale momento la famiglia è l’ambito predominante di vita del bambino. Prima dell’interruzione delle attività didattiche probabilmente molti bambini con BES frequentavano il tempo pieno scolastico e al pomeriggio erano quasi totalmente impegnati nelle terapie presso i centri polispecialistici.

L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo ha forti ripercussioni sulle famiglie, in particolare su quelle che vivono direttamente la disabilità.

Oggi infatti le famiglie rischiano di essere sottoposte a un forte stress psichico per la richiesta elevatissima di supporto ai bimbi con disabilità intellettiva e autismo coi quali devono interagire 24 ore.

Quindi è innanzitutto essenziale fornire un training alla famiglia che potrà così acquisire gli strumenti per applicare la didattica domiciliare e garantire il diritto allo studio dei nostri piccoli alunni. È  altresì importante evitare che la famiglia percepisca la frustrazione derivata da una richiesta troppo elevata di performance da parte di noi insegnanti.

È  importante non generare ansia da prestazione con un sovraccarico di richieste ma ricercare la normalità. Il tutto per concretizzare sempre più le situazioni di  reciprocità educativa che accompagnano le nostre azioni.

Il ponte, e di un ponte si tratta, solido e emozionalmente di vicinanza,  formativo va costruito con il supporto e la stretta collaborazione fra insegnanti, famiglia e terapisti privati e da tutte queste figure va tenuto tenacemente in piedi.

Io personalmente posso confrontarmi quotidianamente con le terapiste che seguono privatamente il bambino, del Centro Polispecialistico del Progetto Up&Down che sono sempre estremamente disponibili per uno scambio su come e quali strategie utilizzare.

Inoltre è buona prassi il confronto con le insegnanti curricolari sulla programmazione di sezione che viene semplificata ed adeguata alle esigenze del bambino.

Come comportarsi quindi?

Ecco alcune strategie che io stessa sto attuando e che al momento stanno risultando efficaci e utili considerati i riscontri positivi che sto raccogliendo:

1. Invio di video tutorial su come eseguire le attività didattiche. In questi video mostro come organizzare con chiarezza la parte pratica, il materiale scolastico, gli strumenti didattici, la corretta posizione da mantenere durante le attività, sia del bambino che dell’adulto, la corretta impugnatura dello strumento grafico. L’uso del prompt vocale. L’illuminazione dello spazio e i distrattori sonori o visivi da eliminare. Ricordiamoci che niente va lasciato al caso o all’improvvisazione quando si lavora con un piccolo alunno con autismo, che normalmente è fortemente abitudinario.

2. Tutoring sull’uso del rinforzo sociale o tangibile. In un contesto completamente differente da quello scolastico è altamente probabile che il bambino non accetti di compiere anche le più semplici consegne che a scuola eseguiva con facilità. In questo caso è permesso alla famiglia l’utilizzo del rinforzo, anche tangibile, che sopratutto all’inizio è consigliabile. Può essere del cibo di cui il bambino è particolarmente goloso, o preferibilmente un gioco che ama. Mi sono premurata che in famiglia venissero adoperati con profitto gli stessi giochi che utilizzavamo come gratificazione a scuola e che per il bambino erano un forte input per portare a termine il lavoro assegnatogli.

3. Calendarizzazione delle attività. Ho fornito alla famiglia un calendario su come e quando somministrare le attività al bambino, per evitare che a causa dell’inesperienza gli si chieda troppo o troppo poco e che quindi si arrivi ad un insuccesso con ricadute psicologiche per entrambe le parti.

 Le terapiste che seguono privatamente il bambino a questo proposito hanno fornito alla famiglia una scansione temporale della giornata in modo che il bambino sappia cosa fare e quando e si rassicuri nello svolgimento delle nuove routine quotidiane.

4. Con l’aiuto dei terapisti privati abbiamo quindi definito delle strategie domestiche di apprendimento che tenessero conto della gestione della quotidianità e che potenziassero le autonomie personali. E’ importante che il bambino non regredisca in questo senso, che venga sempre stimolato nella cura del sé in autonomia e che anzi venga coinvolto nelle faccende domestiche quotidiane, cura degli oggetti e degli arredi di casa, apparecchiare, sparecchiare, aiutare i genitori a cucinare, riporre i giochi al loro posto, etc…;  queste sono tutte esperienze significative di apprendimento.

5. Strutturazione delle attività che permettano di lavorare sulle competenze. A questo proposito attingo moltissimo dal web e dalle piattaforme che forniscono agli insegnanti di sostegno materiali specifici e che permettono la trasmissione alla famiglia di materiale di qualità. Sebbene le competenze sociali siano sempre privilegiate è importante offrire alle famiglie alcune semplici attività che potenzino gli apprendimenti già acquisiti nei vari ambiti.

6. Invio di video su attività di psicomotricità e giochi di movimento. Spesso i nostri alunni presentano in comorbidità un’ iperattività motoria accompagnata da evidenti disprassie. E’ fondamentale che il bambino, costretto costantemente in casa, trovi sfogo alla sua elevata necessità di movimento. Per evitare che ciò sfoci nel caos incontrollabile il web offre tantissimi percorsi psicomotori attuabili fra le mura domestiche, slalom con bottiglie, tunnel con le sedie, capriole sui tappeti, etc che permettono al bambino, se eseguite col controllo dei genitori, sia il rinforzo degli schemi motori già acquisiti in precedenza, che la soddisfazione del bisogno di movimento che non può essere fatto in ambienti esterni.

7. Richiesta di feedback dalla famiglia tramite invio di video, questo mi permette non solo di apportare eventuali correzioni su come si stiano eseguendo le attività e anche di riformulare eventuali richieste che possono risultare troppo esigenti o al contrario troppo noiose.

Infine, la mia personale, seppur breve esperienza mi suggerisce che la didattica a distanza è attuabile solo se tutti gli attori della vita del bambino collaborano costruttivamente, offrendo un supporto psicologico e pedagogico alla famiglia, mostrandogli vicinanza affettiva ed empatia per evitare l’isolamento nel quale è facile cadere.

Con l’augurio Andrà tutto bene

maestra Maria

da quel di SD

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