Le ghiande perdute

 

Le maestre, si sa, sono creature strane. Càpita, quindi, che nel loro giorno libero vadano in montagna ad alleggerire i pensieri ad alta quota e mentre i loro amici stanno con il naso all’insù a godere della vista delle cime e sussurrare romanticamente: “Che panorama…” , loro invece, le maestre, stanno con il naso in giù verso il terriccio umido, a esclamare:

Ohhh, le ghiande!”,

 come se le vedessero per la prima volta.

Il finale è sempre lo stesso, e le voci dei presenti si levano in coro: “Sei proprio maestra dentro!”. Eh sì, perché le maestre sono quelle che durante le cene conservano i tappi di sughero, le tovagliette di carta (tagliando un angolino, se macchiato di sugo), le linguette delle lattine, i fiocchetti dei regali, la carta da pacchi e hanno in casa piramidi monumentali di rotoli di carta igienica che “prima o poi a qualcosa serviranno”.

Le maestre, insomma, sono raccoglitrici compulsive di “cose” da trasformare in “lavoretti”.

È così che è andata l’escursione sul Monte Corrasi,

nel Supramonte di Oliena, fatta da una maestra di mia conoscenza: un occhio al panorama e uno alle ghiande. Neanche i dodici chilometri di scarpinata e arrampicata in un afoso giorno di ottobre, possono far desistere una maestra dal riempirsi le tasche di ghiande e arrancare faticosamente ad ogni salita.

Il prezioso bottino, conservato in un barattolo di plastica trasparente e guardato con sospetto da bambini e colleghe (“No, tranquilli, non è il contenitore delle urine”) è arrivato finalmente in classe due giorni dopo l’escursione.

I bambini non vedevano l’ora di aprirlo e far rotolare le ghiande tra le mani e sui banchi, annusarle, ripulirle dal terriccio e infine capire cosa volesse farne la maestra, dopo averle introdotte con tanto entusiasmo.

Ah, la maestra: quella rimbambita che dopo dodici chilometri in salita e dodici chilometri in discesa con mezzo chilo di ghiande nelle tasche, è arrivata in classe distrutta, con i muscoli doloranti e lo stesso passo leggiadro di Neil Armstrong sulla luna. Era talmente entusiasta, la maestra, che non ha pensato che rinchiudere le povere ghiande in un barattolo non avrebbe di certo agevolato la loro integrità.

Questa breve storia triste (ma con finale a sorpresa) si è conclusa quindi così:

le ghiande sono inesorabilmente ammuffite. 

Ma all’interno del barattolo che le conteneva, sono nati due graziosi vermetti bianchi che abbiamo battezzato con i nomi di Flora e Fauna.

L’esperimento creativo di arte e immagine con le ghiande è miseramente fallito, ma perlomeno ora abbiamo due bei fiocchetti rosa da appendere alla porta dell’aula.

Per noi la didattica dell’errore è una manna dal cielo, quindi ci riproveremo: domani avverrà una nuova raccolta di ghiande. Non più in montagna, ma in piazza Sant’Antonio, a due passi dalla nostra scuola: lì una bella quercia si libera ogni giorno dei suoi frutti, aspettando la maestra rimbambita di turno.

Dalla 3A di San Donato è tutto, almeno per ora.

Maestra Silvia, i suoi gnomi 

e la mitica 500 di guardia al panorama

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